Tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo sentito parlare di “Alzheimer”, generalmente associata ad un anziano o alla psicologia di una malattia neurodegenerativa.
COS’È L’ALZHEIMER?
Nel 1907 Alois Alzheimer, psichiatra e neuropatologo tedesco, ne descrisse i sintomi dopo aver osservato le alterazioni strutturali del cervello di una donna di 50 anni. In onore della scoperta dello psichiatra, il collega E. Kraplin la definì per la prima volta “malattia di Alzheimer”.
La malattia di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa, progressiva ed irreversibile, molto comune che colpisce soprattutto la popolazione anziana, in particolare il sesso femminile. Un ruolo importante viene associato anche ai fattori genetici e alla familiarità. Durante l’invecchiamento, la probabilità di comparsa della malattia è del 20/40% nella popolazione mondiale.
La causa diretta è l’accumulo in alcune aree del cervello di due proteine presenti nel tessuto nervoso: la proteina beta-amiloide e la proteina tau. La proteina beta-amiloide si aggrega in maniera anomala provocando formazioni extracellulari, dette placche amiloidi che distruggono i neuroni. La proteina Tau invece, genera aggregati all’interno delle cellule neuronali, provocandone alterazioni funzionali e causandone una lenta distruzione.
Nelle autopsie si osserva un’atrofia della corteccia e un’importante degenerazione dell’ippocampo (regione del lobo frontale implicata nella memoria).
PSICOLOGIA E PSICOPATOLOGIA DELL’ALZHEIMER: I SINTOMI COMUNI
Inizialmente compaiono problemi di memoria che tendono a passare inosservati, ma gradualmente questa diminuzione di memoria porta a vere e proprie amnesie che possono essere molto pericolose se l’anziano vive in casa da solo. In alcune persone la comparsa di afasia (difficoltà nell’uso del linguaggio) rende l’Alzheimer più facile da identificare ma quando sopraggiungono deficit cognitivi. Oltre a questi sono molto comuni sintomi come:
- Cambiamenti comportamentali.
- Confusione.
- Difficoltà a parlare.
- Difficoltà con compiti a più fasi.
- Disorientamento.
- Cambiamenti di umore.
- Difficoltà a ricordare eventi, tempo e luoghi.
- Sospetti infondati.
- Domande ripetute.
- Difficoltà a dormire.
- Difficoltà a riconoscere familiari e amici.
- Vagare o perdersi.
FASI: EFFETTI NEUROLOGICI E PSICOLOGIA DELL’ALZHEIMER
Mentre i sintomi possono variare da persona a persona, la progressione della malattia di solito segue uno schema che può essere suddiviso in tre fasi generali:
- Fase iniziale: durante la fase iniziale della malattia, le persone iniziano a manifestare sintomi lievi, ma spesso funzionano ancora e in modo indipendente. Nella fase iniziale si possono avere vuoti di memoria che rendono difficile ricordare parole, nomi e posizioni delle cose quotidiane. Alcuni sintomi includono: difficoltà con l’organizzazione e la pianificazione, difficoltà a ricordare gli appuntamenti, perdere o smarrire le cose, difficoltà a ricordare la parola giusta per descrivere qualcosa.
- Stadio intermedio: questa fase della malattia è solitamente la più lunga. Durante questo periodo, i sintomi peggiorano progressivamente. I ricordi, sia a breve che a lungo termine , iniziano a declinare. Anche gli effetti della malattia di Alzheimer sulla psicologia delle persone sono comuni così come i cambiamenti comportamentali ed emotivi. Le persone possono provare frustrazione, ansia e agitazione. Diventa sempre più difficile per le persone funzionare e diventano dipendenti dagli altri per aiutare con le attività quotidiane. Le persone nella fase media della malattia di Alzheimer mostrano sintomi come: difficoltà con alcune normali attività quotidiane inclusa la cura di sé, aumento della confusione, aumento della perdita di memoria.
- Fase avanzata: durante le ultime fasi della malattia, la funzione mentale diminuisce al punto da avere un grave impatto sul funzionamento fisico. A questo punto le persone perdono la capacità di conversare e di compiere movimenti. Richiedono cure e assistenza 24 ore su 24. I sintomi in questa fase includono: difficoltà o incapacità di camminare senza assistenza, difficoltà o incapacità di deglutire, perdita di consapevolezza dell’ambiente circostante.
PSICOLOGIA E CONSAPEVOLEZZA DELL’ALZHEIMER
La soggettività gioca un ruolo molto importante per la consapevolezza della malattia. Alcune persone sono in grado di comprendere che la loro memoria inizi a divenire deficitaria e questo crea loro stati d’ansia, senso di frustrazione e crisi di angoscia. Altre persone invece, sviluppano la cosiddetta “anosognosia” ovvero l’inconsapevolezza della malattia. In qualsiasi caso, una valutazione neuropsicologica è consigliabile per identificare le difficoltà incontrate dal paziente e per stabilire una riabilitazione volta al mantenimento delle capacità cognitive, in quanto è difficile ottenere un miglioramento in taluni casi.
TIPI DI ALZHEIMER
Possiamo intercettare due tipologie di malattie di Alzheimer divisibili a seconda dell’età in cui i sintomi compaiono per la prima volta:
- Alzheimer ad esordio precoce: in questo tipo, i sintomi possono comparire per la prima volta quando una persona ha 30, 40 o 50 anni. Non è chiaro cosa causi esattamente l’Alzheimer ad esordio precoce, ma i ricercatori ipotizzano che possa essere dovuto a un gene raro che le persone ereditano.
- Alzheimer ad esordio tardivo: nell’Alzheimer ad esordio tardivo, molto più comune, i sintomi compaiono all’età circa di 65 anni o più. Questo tipo di Alzheimer, probabilmente, è il risultato di una combinazione di fattori genetici, ambientali e legati allo stile di vita.
APPROCCIO ALLA GESTIONE
Ci sono due obiettivi generali quando si trattano problemi comportamentali o psicologici legati alla demenza. Il primo è rimuovere o ridurre significativamente il sintomo preservando la massima funzionalità. Il secondo è quello di alleggerire il peso del caregiver.
Il principio più importante è quello di stabilire, per quanto possibile, una comprensione delle origini dei comportamenti prima di sviluppare una strategia di gestione. Le origini dei comportamenti dovrebbero essere analizzate secondo le dimensioni biologica, psicologica, sociale e ambientale. Devono essere considerati i fattori che potrebbero predisporre un paziente a un particolare comportamento, che potrebbe precipitare un comportamento, o che potrebbe perpetuare un comportamento.
Secondo principio, che non si limita solo al trattamento della malattia di Alzheimer, è la continua valutazione e modifica dell’approccio in base ai risultati.
Il paziente con Alzheimer è molto difficile da gestire pertanto una corretta valutazione permette anche di improntare un sostegno ai familiari attraverso dei consigli sulla gestione dello stesso. È importante inoltre, che il malato lasci disposizioni ai familiari prima che le sue funzioni cognitive decadano inesorabilmente.
Bibliografia
Vallar, G. et al. (2018) Manuale di neuropsicologia, Bologna, il Mulino.