Per carpire l’essenza della psicologia dello sport, occorre prima fare un passo indietro, partendo dal principio: mente e corpo.
La realtà occidentale vede corpo e mente come due entità diverse, sia anatomicamente che funzionalmente. Viene così a crearsi il falso mito dell’allenamento mentale per affinare le arti oscure legate alla mente, e dell’allenamento fisico per ottenere il massimo dal corpo. La psicologia dello sport, quella vera, vede il duo corpo-mente come un unico concetto indissolubile.
QUALCHE ESEMPIO EVIDENCE-BASED
Se non sei convinto dell’integrazione anatomo-funzionale di corpo e mente, gustati questi esempi evidence-based: nel 2017, Yang e colleghi hanno condotto una review volta ad indagare il legame tra obesità/sovrappeso e deficit nelle funzioni esecutive (concentrazione, flessibilità cognitiva, memoria di lavoro). Esaminando i 72 studi presi in considerazione, con un campione totale che si aggira attorno ai 5000 partecipanti, gli studiosi hanno evidenziato performance inferiori degli obesi/sovrappeso rispetto alle persone sane.
Un altro potente esempio è il Gut-Brain Axis. Il nervo vago unisce cervello e intestino in un unico network funzionale. È bene ricordare che le fibre componenti il nervo vago sono 20% efferenti, e 80% afferenti. Cosa significa questo? Le fibre dette afferenti trasmettono l’informazione dalla periferia al sistema nervoso centrale. A differenza di quanto si possa pensare, il cervello non ha l’egemonia completa del corpo ma anzi, viene regolato e influenzato dalle informazioni degli altri organi come il cuore, i polmoni e in questo caso l’intestino. Il network, perciò, è bidirezionale. Tramite questa via avviene l’interazione tra flora intestinale e cervello. In parole povere, esiste una correlazione tra salute mentale e flora intestinale (Prinsloo et al. 2015). Elevati livelli di stress, per esempio, possono facilitare lo sviluppo di patologie infiammatorie e inibizione del tono vagale.
PSICOLOGIA DELLO SPORT E PSICOLOGIA CLINICA
Secondo la psicologia dello sport, allenando il corpo allenerai anche la mente, e viceversa. A supporto di questa ipotesi, qualunque protocollo di mental training agisce sull’attivazione o sul rilassamento dell’atleta, provocando cambiamenti fisiologici (Brugnoli 2008). In questo modo è possibile raggiungere lo stato di attivazione ottimale, ovvero uno stato in cui l’atleta sia fisicamente e mentalmente “pronto”.
Questo concetto è fondamentale per capire poi i vari ambiti applicativi della psicologia dello sport, in special modo il ramo clinico che intende, con pratiche “sport based”, a intervenire direttamente sul quadro sintomatologico o sulla prevenzione di determinate patologie. Se hai assimilato il concetto corpo-mente riportato nel primo paragrafo, allora non dovresti stupirti del fatto che sessioni di allenamento aerobico protratto nel tempo, per 30/40 minuti, tre volte a settimana, potrebbe portare alla completa remissione di pazienti depressi (Blumenthal et al. 2012).
La psicologia dello sport ha, come puoi vedere, differenti ambiti applicativi, e non si riduce alla motivazione e al mental training.
Riassumendo, abbiamo:
- Pratica Clinica;
- Benessere dell’individuo;
- Performance sportiva.
L’approccio clinico sport-based abbraccia un ampio bacino di patologie mentali oltre alla depressione. Abbiamo studi che supportano l’ipotesi di un impatto positivo di protocolli aerobici e anaerobici su pazienti con diagnosi di ADHD (Lufi et al. 2011), PTSD (Rosembau et al. 2015) e Alzheimer (Lautenschlager et al 2008). Per quanto riguarda la performance sportiva, è necessario, ma non sufficiente, avere una conoscenza di base del funzionamento psicobiologico dell’essere umano.
Ecco perché per fare psicologia dello sport non basta essere mental coach né allenatori leggendari perché no, non siamo tutti un po’ psicologi. Per poter dare il massimo ai nostri atleti sarebbe necessario quindi fondere conoscenze cliniche, psicologiche, fisiologiche e metodologie di allenamento in un’unica figura professionale.
Ti sembra difficile? E sentiamo, chi ti ha detto che sarebbe stato facile?
Bibliografia
Lautenschlager, N., Cox, K., Flicker, L., Foster, J., Bockxmeer, F., Xiao, J., Greenop, K. & Almeida, O. (2008). Effect of Physical Activity on Cognitive Function in Older Adults at Risk for Alzheimer Disease: A Randomized Trial. JAMA, 300, 9.
Lufi, D. & Parish-Plass, J. (2011). A sport-based group therapy program for boys with ADHD or with other behavioral disorders. Child and Family Behavior Therapy, 33, 217-230.
Rosembaum, S., Vancampfort, D., Steel, Z., Newby, J., Ward, P. & Stubbs, B. (2015). Physical activity in the treatment of Post-traumatic stress disorder: A systematic review and meta-analysis. Psychiatry Research, 230, 130–136.
Blumenthal, Smith & Hoffman (2012). Is exercise a viable tretament for depression? ACSMs Health Fit J (PMC), 16(4): 14-21.
Prinsloo, S. & Lyle, R.R. (2015). The Microbiome, Gut-Brain-Axis, and Implications for Brain Health. NeuroRegulation, 2(4), 158–161.
Yang, Y., Shields, G.S., Guo, C. & Liu, Y. (2017). Executive function performance in obesity and overweight individuals: A meta-analysis and review. Neurosci Biobehav Rev. 84:225-244.