Quali sono i meccanismi psicologici e la psicologia dell’influencer che gli permettono di funzionare così bene? Si, perché nonostante i più scettici, l’influencer marketing è ad oggi uno dei canali più utilizzati dalle aziende per incrementare i loro fatturati.
Non solo startup, ma anche grandi colossi internazionali si affidano a creator digitali. In questo articolo andremo a capire perché. Ti esorto a continuare la lettura: esplora con me i meandri della psicologia dell’influencer.
I NUMERI DEL MERCATO
Secondo Business Insider il mercato dell’influencer marketing, che ha raggiunto gli 8 bilioni di dollari nel 2019, tenderà a raddoppiare ad inizio 2022. La piattaforma social che ospita il maggior numero di influencer è Instagram (79%) seguita poi da Facebook, (46%), YouTube (36%), Twitter (24%) e LinkedIn (12%).
È possibile dividere la categoria in (almeno) quattro macro aree:
- Mega – Influencer: 1 million o più followers.
- Macro – Influencer : 100,000 – 1 million followers.
- Micro – Influencer: 10,000 – 100,000 followers.
- Nano – Influencer: 10,000 followers or less
Quattro brand su cinque decidono, ad oggi, di affidarsi a tali risorse per consolidare la loro presenza online, o acquisire nuovi e altrimenti inarrivabili segmenti di mercato. Il Covid e la crisi economica, anziché deprimere, hanno aumentato gli investimenti pubblicitari in questa direzione.
Non serve quindi essere Chiara Ferragni per potersi interfacciare con aziende di ogni tipo, e ottenere contratti lavorativi. Ora, la domanda alla quale cercheremo di dare risposta è la seguente: perché l’influencer marketing funziona così bene? I motivi si celano dietro alla psicologia dell’influencer.
PSICOLOGIA DELL’INFLUENCER: EMPATIA ED EFFETTO ALONE
Nulla di più semplice: l’influencer è una persona, e come tale ispira fiducia al suo pubblico. La chiave del successo sta a metà tra l’ormai più che sdoganata empatia, e, secondo Elmira Djafarova e Oxana Trofimenko, un certo effetto alone.
L’effetto alone venne teorizzato da Thordnike agli inizi del 1920. Si tratta di un bias cognitivo per il quale il giudizio di una caratteristica è influenzato dalla percezione di uno o più altre caratteristiche della persona.
Facciamo un esempio: scorrendo il feed di Instagram mi imbatto in un bel ragazzo simpatico, che mostra grandi risultati e vende delle schede di allenamento fisico. Il fatto che sia bello (caratteristica 1) potrebbe farmi propendere per un giudizio positivo nei suoi confronti anche sulla sua preparazione teorico pratica (caratteristica 2).
Potrei quindi decidere di seguirlo, e di acquistare prodotti e/o servizi sia suoi, che di aziende da lui sponsorizzate. Il tutto senza non aver mai verificato la sua preparazione (prima di aver comprato). Esistono anche risvolti positivi in tutto questo?
LA PSICOLOGIA DELL’INFLUENCER E LE DECISIONI DEI FOLLOWER
Ed ecco la risposta finale: l’influencer ha un potere immenso sulla propria community, tale da poter influenzare le decisioni economiche dei follower. A tutti noi è capitato di cambiare idea su un prodotto o un servizio, dopo aver visto la “recensione” o il parere dei nostri beniamini online.
Che sia su Instagram, YouTube o Twitch: i player pubblicitari del nuovo mercato sono loro. Da qui mi piacerebbe intraprendere una riflessione sul senso etico della situazione. Come abbiamo visto nell’articolo precedente, secondo alcuni sarebbe possibile sfruttare i bias cognitivi per migliorare il benessere dell’individuo.
Thaler, nel libro “la spinta gentile” non ha preso in considerazione gli influencer per una sola ragione: non esistevano ancora. La creazione di opportunità per “influencer etici” potrebbe contribuire a migliorare significativamente la società, influenzando in modo positivo le scelte dei più giovani.
Immagina un paternalismo libertario dove l’architetto delle scelte inserisce nella sua strategia anche figure simili, in grado di facilitare percorsi pensati per il benessere psicofisico delle persone. E ora, spazio alle critiche.
CRITICHE AL FUTURO DELLA SOCIETÀ
Sono sicuro che almeno otto persone su dieci troveranno questo articolo, se non rivoltante, sicuramente audace. Ciò che i più non comprendono è che esistono influencer e influencer. Dal ragazzino che fa i video in cameretta, al professionista in giacca e cravatta che esprime un parere professionale su un libro o un asset finanziario.
Celeberrimo è il caso di Clubhouse, la startup del momento che ha sfruttato la visibilità pubblicitaria di Marco Montemagno, Elon Musk e molti altri per emergere. Un vero colpo da maestro, che ha portato l’app alla conquista del mondo. Conosci Discord? È un software col quale puoi fare (e anche meglio) ciò che ormai quasi tutti fanno su Clubhouse, e precedente ad esso. Sai perché non lo conosci? La differenza sta nel tipo di marketing utilizzato. Il primo si è rivolto ad influencer, il secondo no.
Se in grado di garantire un coinvolgimento reale, qualunque influencer porterà alle aziende che hanno investito su di loro un ritorno economico, e di immagine positivo. Non si tratta di una mera causalità monetaria, ma di brand.
Il futuro della nostra società, con pro e contro annessi, è digitale, e passa per quel tanto odiato suono, per molti fonte di disprezzo: influencer.
Bigliografia
Djafarova, E. & Trofimenko, O. (2019). ‘Instafamous’–credibility and self-presentation of micro-celebrities on social media. Information, communication & society, 22(10), 1432-1446.
Martínez-López, F. J., Anaya-Sánchez, R., Fernández Giordano, M., & Lopez-Lopez, D. (2020). Behind influencer marketing: key marketing decisions and their effects on followers’ responses. Journal of Marketing Management, 36(7-8), 579-607.