I genitori hanno un figlio preferito?
Questa domanda è stata indagata molto negli ultimi anni. Se lo chiedessimo ai genitori la risposta sarebbe un chiaro e semplice NO! Sarebbe impensabile avere preferenze, d’altronde sono entrambi figli loro. Ma se chiedessimo ai figli se percepiscono di essere trattati in modo diverso rispetto al fratello o alla sorella, questi risponderebbero di SI.
Questo risultato è stato osservato in uno studio condotto su 384 famiglie, dalla sociologa Katherine Conger dell’Università della California pubblicato nel 2006. Nella ricerca il 70% delle madri e il 74% dei padri ammette di avere un figlio preferito senza però specificare chi fosse. Tuttavia a farlo ci pensarono proprio i figli stessi.
Infatti, anche se i genitori non vogliono ammettere che preferiscono un figlio a un altro, i figli riescono comunque a percepirlo. Spesso si chiedono per quale ragione al fratello o sorella viene concesso di fare o di avere qualcosa che a loro viene invece negato, oppure si domandano perché a loro è stata imposta una educazione più severa, mentre invece al loro fratello no.
Preferire un figlio a un altro non significa amarlo meno, molto spesso i genitori tendono a dare più attenzioni a un figlio a causa di un bisogno reale o percepito dal genitore stesso. I genitori possono amare i propri figli allo stesso modo ma trattarli in modo diverso per aiutare ogni bambino a svilupparsi adeguatamente. Parliamo di “Trattamento parentale differenziale” (PDT), coniato negli Stati Uniti d’America, proprio per indicare la disparità di trattamento tra fratelli. Studi su famiglie negli Stati Uniti e in Gran Bretagna hanno dimostrato che il PDT dei genitori è legato alle caratteristiche del temperamento e dei problemi comportamentali dei figli, all’età, al sesso, e a volte anche all’ordine di nascita (Dunn & Plomin 1990; McGuire 2002). Le esigenze reali o percepite possono, tuttavia, innescare dei favoritismi.
Avere delle preferenze, dunque, è normale ed è confermato dalla letteratura scientifica, così come è normale che i genitori non riescano ad ammetterlo né a loro stessi né tanto meno ai propri figli (Libby, 2010; Nikiforidis, 2019).
CHI É IL FIGLIO PREFERITO?
Esiste quindi il figlio preferito dal proprio genitore, o comunque colui a cui si dà una maggiore attenzione, ma chi è che incarna questo ruolo?
Riprendendo lo studio condotto dalla Dott.ssa Conger, veniamo a conoscenza di un elemento molto importante: è emerso dalla confessione dei figli che il preferito dai genitori era il primogenito (Conger et al., 2002). Il risultato si discosta da quelle che erano le ipotesi iniziali: le ricercatrici erano convinte che fosse il secondogenito ad essere il favorito, proprio in virtù del fatto che essendo il più piccolo avesse bisogno di più attenzioni e cure.
Questo risultato è stato ottenuto anche da un altro studio condotto da Bornstein e colleghi (2018). I ricercatori hanno osservato e analizzato, tramite filmati e test, il modo di interagire di 55 madri inizialmente con i propri primi figli dell’età di 20 mesi e poi, dopo tre anni, con i secondi figli alla medesima età. Gli studiosi hanno rilevato differenti modalità di approccio, la madre con il primogenito tende a giocare di più.
I motivi che stanno dietro a questa preferenza possono essere riconducibili al fatto che quando nasce il primo figlio, nasce anche l’essere mamma. Al primo figlio le madri possono dedicare più tempo perché è la prima volta che sperimentano l’accudire un figlio e la gioia di averne uno. Possono subentrare le preoccupazioni, le ansie legate alla salute del piccolo dovute proprio all’inesperienza, e pure le maggiori attenzioni sia a livello emotivo che materiale possono essere legate al fatto che il figlio è una novità all’interno della famiglia.
Per quanto riguarda il secondogenito, invece, le madri si sentono più tranquille e il tempo da dedicare a loro è minore e, involontariamente, sono seguiti di meno.
Tuttavia, non è un dato generalizzabile, ci sono molti fattori che entrano in gioco e che possono stravolgere questo risultato. Ad esempio, ci sono studi che si concentrano sulla preferenza di alcune caratteristiche del figlio che lo rendono quindi il prediletto. Uno di questi, realizzato dalle Dott.sse Suitor e Gilligan, ha osservato che le madri tendono a preferire il figlio adulto che percepiscono essere simile a loro in termini di credenze e valori (Suitor et al., 2018). Ancora, i genitori o alcuni di loro possono vedersi riflessi in uno dei loro figli e non in altri perché sentono più vicine a loro determinate caratteristiche fisiche, caratteriali e comportamentali. Inoltre, possono avere preferenze per il figlio maggiormente gestibile.
Questa disparità di interazione e di favoritismo, seppur celata e non ammessa a se stessi da parte genitoriale, è comunque percepita e/o vissuta dai figli in forma più o meno lieve, di cui sono note le conseguenze.
LE CONSEGUENZE PER IL FIGLIO MENO PREFERITO
La psicologa Ellen Weber Libby afferma che la cosa fondamentale è prendere consapevolezza del fenomeno, non farsi schiacciare dai sensi di colpa e affrontare la cosa attraverso il dialogo con la famiglia. Far finta di nulla non solo non migliora le cose, ma, inoltre, può causare dei problemi relativi all’autostima e nei rapporti interpersonali (Libby, 2010).
La percezione di ricevere un trattamento diverso, sfavorito, dai genitori ha un impatto negativo sullo sviluppo emotivo del figlio meno preferito (Suitor et al., 2018). Può sviluppare dunque sensi di colpa, perché si sente responsabile della situazione, sintomi di ansia, disistima e depressione. Il figlio meno preferito, o che si percepisce come tale, può diventare più introverso nell’ambito familiare, quindi parlare poco con la famiglia di cose personali che lo riguardano. Possono innescarsi anche problemi di attaccamento relativi all’instaurare rapporti di coppia sani dovuti a una mancanza di fiducia e di autostima (Suitor et al., 2018).
Secondo alcuni studiosi, questa diseguaglianza di trattamento può avere ripercussioni sullo stesso rapporto tra fratelli, con l’insorgere di relazioni complicate, che investe anche chi incarna il ruolo del figlio preferito, e può anche mantenersi ed accrescersi in età adulta (Boll et al., 2010).
LE CONSEGUENZE PER IL FIGLIO PREFERITO
Il figlio preferito dai genitori può dover rispondere ad alte richieste da parte dei suoi caregivers. I genitori possono riporre in lui delle aspettative troppo gravose, irrealistiche e questo può generare nel bambino forme di stress e ansia, che influiscono poi negativamente sulla soddisfazione di vita.
Lo studio condotto da Suitor e colleghi nel 2018 afferma che i figli prediletti, da adulti, sono più a rischio di depressione (Suitor et al., 2018). La ragione per la quale i bambini che percepiscono di essere preferiti dai genitori presentano maggiori sintomi depressivi è data dalla tensione che questi sentono e dal sentimento di maggiore responsabilità che avvertono. I ricercatori hanno condotto lo studio su 725 adulti con un’età media di 49 anni e hanno rilevato che il bambino che credeva di essere il preferito dalla madre provava più sentimenti di delusione e sintomi depressivi. Inoltre, più il figlio era legato alla madre e più cresceva la tensione e la distanza dal fratello meno preferito (Suitor et al., 2014).
CONCLUSIONI E RIFLESSIONI
Dall’elaborazione realizzata possiamo quindi confermare l’esistenza di una preferenza da parte dei genitori di uno dei figli, abbiamo analizzato chi è il cosiddetto figlio preferito e quali sono le conseguenze per chi percepisce di essere il più o il meno prediletto.
La psicologa Ellen Weber Libby raccomanda di non nascondere a se stessi questi sentimenti di imparità, ma di prenderne coscienza e di agire consapevolmente. Nello specifico suggerisce di non fare paragoni in quanto può solo creare gelosia e inasprimento dei rapporti tra i fratelli, nonché avere ripercussioni sui livelli di autostima; ricordarsi che siamo tutti diversi, che abbiamo passioni e interessi differenti, e quindi seguirli nel proprio percorso di sviluppo; ed infine di parlare liberamente dei propri sentimenti e delle proprie emozioni ad amici, parenti o figure professionali (Libby, 2010).
Inoltre, è molto importante che anche i figli dialoghino con i propri genitori. Questa comunicazione deve essere bidirezionale. Il figlio che sente di essere il meno preferito dovrebbe parlare con i genitori esponendo i suoi sentimenti, riportando anche degli esempi di situazioni in cui si è sentito più in ombra del fratello. Il genitore invece deve essere pronto ad ascoltare, a parlare in maniera chiara e diretta con lui, e a prendere coscienza di questi fatti. Questo affinché le volte successive, memore della conversazione avuta con il figlio, non ricommetta più la stessa imparzialità.
Bibliografia
Bornstein, M.H., Putnick, D.L. & Suwalsky, J.T.D. (2018) Continuity, stability, and concordance of socioemotional functioning in mothers and their sibling children, In Social Development.
Conger, K.J., Shebloski, B. & Widaman, K. (2006) Reciprocal links among differential parenting, perceived partiality, and self-worth: A three-wave longitudinal study, In Journal of Family Psychology 19(4):633-42.
Dunn, J. & Plomin, R. (1990) Separate Lives: Why Siblings Are So Different. New York: Basic Books.
Libby, E.W. (2010) The favorite child, In Prometheus Books.
McGuire, S. (2002) Nonshared environment research: What is it and where is it going?, In Marriage & Family Review, 33(1), 31–56.
Nikiforidis, L. (2019) Do Parents Have a Favorite Child?, In AcademicMinute.org.
Suitor, J.J., Rurka, M., Gilligan, M., Peng, S., Con, G. & Hou, Y. (2018) Continuity and change in adult children’s perceptions of maternal favoritism: Consequences for relationships with siblings in midlife, In S. L. Hart & N. A. Jones (Eds.), Psychology of emotions, motivations and actions. The psychology of rivalry (p. 239–255). Nova Science Publishers.
Suitor, J.J., Gilligan, M., Johnson, K. & Pillemer, K. (2014) Caregiving, perceptions of maternal favoritism, and tension among siblings, In The Gerontologist, 54(4):580-8.