Quando ci riferiamo al cyberbullismo pensiamo a una condotta in cui i protagonisti sono tre: il cyber-bullo, il mezzo di comunicazione utilizzato e la vittima. In realtà, ci sono altri protagonisti che spesso passano in sordina: gli spettatori (o cyber-bystander).
COS’É IL CYBERBULLISMO?
Slonje e Smith (2008) definiscono il cyberbullismo come un atto intenzionale ed aggressivo portato avanti da un individuo o un gruppo di individui, usando mezzi di comunicazione elettronici, in modo ripetitivo e duraturo nel tempo contro una vittima che non può facilmente difendersi. Oggi viene definito anche come “nuova forma di attentato alla reputazione” perché il cyber bullo, mediante la denigrazione e diffamazione, afferma la propria reputazione danneggiando quella della vittima.
Nel pensiero comune, l’impatto del cyberbullismo sembra meno prepotente rispetto al bullismo tradizionale. In realtà non è così. Il cyber bullo può agire anche solo una volta, ma il danno del comportamento è da rintracciarsi proprio nel rendere virale il contenuto pubblicato online: messaggi, video, immagini, una volta caricati online restano visibili e hanno il potere di raggiungere un’infinità di persone. Quindi la vittima non deve fare i conti solo con il gesto offensivo originario, ma anche con la ripetitività di quel comportamento reso possibile proprio dalla condivisione.
Nel mondo virtuale e nel cyberbullismo non ci sono confini ed è più facile danneggiare l’altro perché subentrano più facilmente i meccanismi di disimpegno morale. Queste sono strategie utilizzate per “distorcere” cognitivamente la realtà in maniera tale da ridurre o annullare la probabilità di sperimentare disagio (Bandura, 1986).
QUALE RUOLO HANNO GLI SPETTATORI NEL CYBERBULLISMO?
Una caratteristica degli spettatori, così come del cyber bullo, è la carenza di empatia. Il problema di internet è che l’attivazione empatica, che potrebbe contribuire anche negli spettatori a stabilire modelli comportamentali più sani, risulta molto complessa. Questo è spiegato bene in un altro articolo sull’analfabetismo emotivo tra gli adolescenti. Gli spettatori nei fenomeni di cyberbullismo (chiamati anche bystanders) si distinguono in due tipologie:
- spettatori attivi;
- spettatori passivi.
Gli spettatori attivi si suddividono a loro volta in: sostenitori del cyber-bullo (commentano i contenuti offensivi infierendo sulla vittima con insulti e/o condividendo a loro volta il materiale); sostenitori della vittima (commentano i contenuti offensivi in difesa della vittima).
Gli spettatori passivi, invece, sono coloro che pur non commentando o condividendo il materiale offensivo assistono passivamente alle prepotenze scegliendo quindi di non intervenire in alcun modo.
Una cosa importante è che i cyber-spettatori possono conoscere la vittima, ma anche non conoscerla affatto. Quali sono, quindi, le motivazioni ai commenti d’odio in rinforzo alle prevaricazioni del cyber-bullo?
Innanzitutto possiamo dire che internet viene identificato anche come un luogo libero. Qua è possibile esternare liberamente le proprie frustrazioni pur mantenendo intatta la propria reputazione, commentando ad esempio in anonimato.
In secondo luogo, vi può essere la paura. Gli spettatori possono provare paura di essere a loro volta vittimizzati. Sono quindi dei sostenitori che, piuttosto che diventare vittime, si affiancano al cyber-bullo, rafforzando il suo sentimento di sicurezza e cristallizzando il suo ruolo.
GLI SPETTATORI PASSIVI NEL CYBERBULLISMO
Perché, invece, gli spettatori passivi di cyberbullismo guardano contenuti offensivi provando addirittura piacere nel vedere il materiale violento? I fattori sono tanti. Possiamo però identificare i meccanismi di disimpegno morale di Bandura, già menzionati prima. Tra questi ne annoveriamo alcuni:
- La giustificazione morale: rende determinate azioni dannose più accettabili, personalmente e socialmente (es: Paolo ha offeso pesantemente Maria condividendo una sua foto ritoccata, lei però il giorno prima lo aveva preso in giro davanti ai suoi amici).
- Il confronto vantaggioso: riduce la gravità di un’azione quando si confronta con una più grave (es: Ho solo fatto il video, non l’ho picchiata come hanno fatto gli altri).
- Lo spostamento/diffusione delle responsabilità: permette di compiere azioni negative o attribuendo la responsabilità a qualcun altro o perché le conseguenze sarebbero state inevitabili. Permette di considerare la propria responsabilità come condivisa con altri (es: Non ho fatto niente per difenderla perché altrimenti se la sarebbero presa con me. Ho riso mentre la prendevano in giro, ma non ero l’unico).
- L’attribuzione di colpa alla vittima: aiuta a “distogliere l’attenzione” dai comportamenti dannosi verso la vittima dando la colpa a lei (es: Se Laura non si fosse vestita in quel modo non l’avrebbero presa di mira).
Vivendo una vita molto connessa e, al tempo stesso, caratterizzata da solitudine e mancanza di comunicazione, i giovani possono ricercare forti sensazioni in internet. Queste emozioni intense, a volte, vengono trovate di fronte a materiale di natura violenta. La continua esposizione a tali materiali porta i giovani alla conseguente assuefazione di comportamenti violenti e a un’alterata percezione del danno alla vittima.
É POSSIBILE FARE PREVENZIONE?
Il 61% dei giovani afferma di essere vittima di bullismo o di cyberbullismo. Il 68% di esserne stato testimone. Sei adolescenti su dieci dichiarano di non sentirsi al sicuro online. L’incubo maggiore per le ragazze è il revenge porn (52,16%). Nel 2020 il 93% degli adolescenti ha affermato di sentirsi solo, con un aumento del 10% rispetto al 2019 (Osservatorio Indifesa 2020 di Terre des hommes e Scuolazoo).
Questi sono solo alcuni dei dati che possiamo rilevare. Sono dati allarmanti e ci stanno dicendo che dobbiamo assolutamente lavorare sulla prevenzione e sull’educazione. Non bastano le conseguenze legali di queste azioni, seppur estremamente importanti. C’è bisogno proprio di un lavoro che possa rieducare e sensibilizzare la popolazione generale per evitare che si arrivi a questo disfunzionale modello di vita.
È l’intervento attivo degli spettatori ad aumentare considerevolmente la potenza diffamatoria e distruttiva del fenomeno di cyberbullismo (Manca, 2016). Ma anche gli spettatori passivi, sia nel cyberbullismo che nel bullismo tradizionale, sono molto importanti. In primis, perché rappresentano il simbolo di una generalizzata indifferenza e della connivenza con l’odio e la violenza online, e, in secondo luogo, perché possono avere un ruolo in termini di prevenzione.
Se educhiamo e rafforziamo la loro capacità empatica, sensibilizzandoli e spronandoli a intervenire, il cyber-bullo/bullo verrà lasciato solo. La sua sicurezza vacillerà, in quanto non si sentirà più rinforzato, e desisterà dal mettere in atto il comportamento prevaricatorio. Allo stesso tempo, la vittima, sostenuta dagli spettatori, si sentirà meno fragile e vulnerabile. Non solo reagirà alle prepotenze, ma avrà il coraggio anche di denunciare.
Dunque, la prevenzione di tale fenomeno va fatta principalmente sul fronte educativo. La scuola si configura come il primo terreno in cui si possono insinuare tali condotte, ma non dobbiamo assolutamente dimenticare l’ambito familiare.
CONCLUSIONI
Sarebbe bene quindi fare attenzione e promuovere alcune situazioni:
- Favorire momenti di gruppo e di condivisione tra gli allievi.
- Cogliere le emozioni che circolano in classe.
- Educare i ragazzi ad un maggior senso di responsabilità e di consapevolezza delle proprie azioni.
- Lavorare sulla loro autostima e sicurezza personale.
Ma è anche importante educare all’utilizzo del web, non solo circoscrivendo l’alfabetizzazione digitale ai ragazzi, bensì anche a genitori e insegnanti, affinché abbiano una buona competenza informatica per poter educare e intervenire per prevenire fenomeni online come il cyberbullismo.
Bibliografia
Bandura, A. (2017) Disimpegno morale. Come facciamo del male continuando a vivere bene, In Centro Studi Erikson.
Brega, R., & Perrone, G. (2019) Cyber-odio: normativa, analisi criminologica e rimedi, In NEU Nuova Editrice Universitaria.
Manca, M. (2016) Generazione hashtag. Gli adolescenti dis-connessi, In Alpes Italia.
Perasso, G., & Barone, L. (2018) Cyberbullismo, cyber-vittimizzazione e differenze di genere in adolescenza, In Psicologia Clinica e dello Sviluppo.