I suicidi per ragioni economiche stanno vedendo un netto aumento in relazione alle difficoltà e alle crisi economico-finanziarie che stiamo vivendo.
Fin troppo spesso abbiamo la tendenza a valutare e ragionare a compartimenti stagni: la dimensione della salute fisica, della salute mentale, della situazione economica, lavorativa, etc. L’aspetto economico-occupazionale è in grado di interessare sia la dimensione professionale ma anche quella psicologica della persona. Non è possibile considerarne una decontestualizzata dall’altra: senza lavoro la persona non ha la sicurezza di un reddito, perde una grande progettualità per il futuro e perde il proprio ruolo sociale e la propria autorealizzazione. Darwin a riguardo disse “il lavoro nobilita l’uomo” proprio per indicare come con il lavoro la persona si nobiliti, migliori.
CRISI ECONOMICA: QUALI SONO GLI EFFETTI?
Gli effetti della crisi economico-occupazionale sulle persone non sono solo in termini di soldi ma anche dal punto di vista personale, sociale e psicologico. Migliore ha evidenziato come, ad esempio, lo stato di inoccupazione comporti delle conseguenze profonde sulla vita delle persone in termini esistenziali, in particolare su 3 dimensioni (Migliore, 2013):
- professionale: non avere un lavoro rischia una progressiva riduzione delle conoscenze e delle competenze;
- personale: perdita dell’autostima, senso di colpa, disagio psicologico, perdita della motivazione, vergogna fino a sintomi depressivi di varia intensità;
- sociale: esclusione sociale, riduzione dei rapporti interpersonali, perdita dell’identità e del ruolo sociale.
UNA CONSEGUENZA FATALE: SUICIDI PER RAGIONI ECONOMICHE
Secondo uno studio elaborato dall’Osservatorio “Suicidi per motivazioni economiche” della Link LAB, Laboratorio di Ricerca sociale della Link Campus University, dal 2012 al 2019 sono in totale 1.086 in Italia i casi di suicidi per motivazioni economiche. Per quanto i dati possano sembrare allarmanti, Nicola Ferrigni, professore associato di Sociologia generale, dichiara che si tratta di una vera e propria inversione di tendenza.
Si abbassa, dunque, la percentuale relativa a disoccupati e dipendenti suicidi per ragioni economiche. Di contro, cresce la percentuale degli imprenditori che si tolgono la vita: nel 2019 si attestano infatti al 31,6% i senza lavoro che si sono tolti la vita, con un decremento percentuale del 5% circa rispetto all’anno precedente. Allo stesso modo, scende il numero dei suicidi tra i lavoratori dipendenti: 6,2% nel 2019, con una contrazione del 7,4% rispetto al 2018.
L’analisi dei dati conferma che gli imprenditori siano la categoria più colpita con il 43,1% del totale dei casi; a seguire, i disoccupati con il 39,3% e i dipendenti che, nell’arco di 8 anni, raccolgono l’11,3% degli episodi. Più circoscritta la percentuale di pensionati, pari al 3,2% generalmente relativa all’impossibilità di affrontare le spese quotidiane.
SUICIDI PER RAGIONI ECONOMICHE: COSA SI PUÒ FARE?
Per quanto siamo in una società che ci sta facendo accelerare a dismisura, le persone sono esseri con emozioni. Questo significa che giocano un ruolo importante nella vita di tutti i giorni. Riconoscere, dunque, che la componente psico-emotiva abbia un ruolo determinante nell’aspetto economico-occupazionale è importante.
È necessario fornire uno spazio psicologico di aiuto e di ascolto in cui le persone possano non sentirsi sole a sperimentare un certo malessere. Questo non significa che la psicologia fa miracoli o porta soldi. Ma è sicuramente uno strumento, una freccia al proprio arco. È fondamentale attivare una proattività di base persa, favorire il recupero delle risorse personali e un livello di motivazione sufficiente per far ripartire la persona nella ricerca o nella creazione di un nuovo spazio lavorativo.
Bibliografia
Migliore, M.C. (2007). L’indagine statistica in campo sociale. Variabili e indicatori. Milano: Franco Angeli.