Non avere fiducia sembra essere il trend del nuovo millennio. Ma è davvero così?
Puoi verificarlo improvvisando un mini “esperimento” sociale: potreste chiedere a uno sconosciuto di prestarvi il cellulare per fare una telefonata o a un vostro amico di prestarvi un paio di cento euro. In entrambi i casi vi ritroverete con il 50% di possibilità di ricevere un assenso o un rifiuto (impacchettato con credibilissime scuse). Poi in realtà questo varia dall’ambiente, da come siete vestiti, da come parlate e purtroppo ancora dal colore della pelle.
COS’ É IN BREVE LA FIDUCIA?
La fiducia si riferisce alla convinzione di una persona che le motivazioni di un altro siano benevoli nei suoi confronti e che l’altra persona risponderà quindi ai suoi bisogni.
Fetchenhauer e Dunning (2009), hanno dimostrato che le persone sono inclini a fidarsi, in egual misura, troppo o troppo poco. Ma nel nostro caso, in una società dove viene acclamato il più forte e denigrato il più debole, preferiamo affermare di non fidarci di nessuno. Perché in qualche modo questo ci fa sentire protetti.
Quando iniziamo una relazione sentimentale cerchiamo sempre di proteggerci dalle eventuali delusioni che se arrivano ci trovano pronti a dire:
“Me l’aspettavo, sapevo che non avrei dovuto fidarmi”.
Noi cerchiamo di limitare le possibilità di sofferenza. Tuttavia è inevitabile che quel muro, che abbiamo costruito negli anni, inizi a perdere compattezza quando incontriamo qualcuno che ci dimostra di potersi fidare. E a quel punto cosa facciamo? Ci fidiamo o non ci fidiamo? Non possiamo saperlo con esattezza, ma di certo possiamo trarre alcune conclusioni.
Sulla fiducia si reggono la gran parte delle relazioni sociali improntate alla cooperazione e alla collaborazione, dall’amicizia all’amore. Queste sono situazioni in cui è presente quel sottile equilibrio dove forniamo e riceviamo supporto di qualche tipo, condividiamo con l’altro parti di noi stessi e ci sentiamo relativamente al sicuro da iniziative ostili nei nostri confronti.
Secondo Beck, tendiamo ad applicare schemi disfunzionali che ci portano a generalizzare le esperienze passate e ad interpretare le situazioni nuove come se sapessimo già come andranno a finire. Queste distorsioni cognitive sono automatiche e spesso difficili da scacciare e possono derivare da credenze apprese in passato (Melli, 2015).
Durante la nostra infanzia, infatti, abbiamo imparato che se qualcuno si comporta bene con noi continuerà a farlo e al contrario chi non lo fa continuerà a deluderci. Come scrive Bowlby, chi ha sperimentato un attaccamento sicuro con i propri genitori sarà abituato a fidarsi del prossimo e tenderà ad approcciarsi alle relazioni in maniera più spensierata e fiduciosa. Al contrario, chi non ha vissuto una solida base affettiva, non ha interiorizzato il sentimento di fiducia (nei confronti dell’altro e di se stesso) e tenderà a prendere le distanze da ciò che non può prevedere (Del Vecchio, 2013). Ma sappiamo che non sempre le cose vanno in questo modo. Nel momento in cui dobbiamo decidere se fidarci o meno, immaginiamo di sederci a tavolino con noi stessi e di analizzare ciò che sta avvenendo nell’hic et nunc.
Sulla base delle esperienze passate possiamo provare a costruire una struttura aperta, solida ma flessibile, ricordandoci che non tutto accade alla stessa maniera e che siamo noi a tirare i fili delle nostre azioni. Se abbiamo ricevuto innumerevoli delusioni amorose questo non significa che anche le future relazioni andranno male (tranne che io non vada a cercare sempre quel tipo di persona che andrà a confermare la mia paura). Se le mie amicizie tendono a finire senza apparente ragione ciò non comporta che non ci possiamo fidare di nessuno, ma che forse ci sono dei nostri comportamenti che spingono in quella direzione. Sta a noi diventare consapevoli delle nostre scelte e delle nostre azioni.
Dobbiamo capire che la fiducia non si basa su statistiche ma è legata a moltissime altre variabili che contribuiscono a consolidare le nostre credenze e ad alimentare le nostre paure, come: il contesto, il supporto sociale percepito, l’autostima. Se la conversazione con noi stessi però ci sfugge di mano e la paura prende il sopravvento vedremo sopraggiungere la cosiddetta Pisantrofobia (o Pistanthrophobia). Con questo termine viene indicata la paura anticipatoria e irrazionale di fidarsi degli altri e di stabilire relazioni intime. A livelli elevati questa fobia può arrivare a compromettere le normali attività e a ridurre le interazioni sociali.
POCA FIDUCIA: COSA POSSIAMO FARE?
D’altra parte, la sfiducia è un processo emotivo che va ben oltre la stima delle basse probabilità che le persone facciano ciò che dovrebbero. Richiede anche la rappresentazione del sé, della persona di cui non si ha fiducia e dell’aspetto rilevante, ma differisce dalla fiducia nell’assegnare emozioni negative simili ad antipatia e paura. Queste reazioni emotive emergono dalla combinazione di valutazioni cognitive su obiettivi insoddisfatti e spiacevoli reazioni fisiologiche a una persona inquietante. Diffidare di qualcuno non è solo una predizione di tradimento, ma anche un brutto sentimento emotivo nei confronti della persona inaffidabile.
Potremmo metterci a tavolino con il noi stessi del passato e creare quella base solida che ci è mancata. Costruire un’impalcatura che trasformi le nostre credenze disfunzionali e renda autonomo il nostro pensiero. Secondo la RET (Terapia Razionale Emotiva) di Ellis, questo ci permetterebbe di interpretare il mondo in maniera attiva e di non rimanere vittime delle nostre idee irrazionali (Del Vecchio, 2013). Se al contrario il mondo, secondo noi, è una sceneggiatura di Walt Disney non dobbiamo far altro che godercelo… almeno fino alla prossima fregatura!
“Il modo migliore per scoprire se ci si può fidare di qualcuno è di dargli fiducia.“
[Ernest Hemingway]
Bibliografia
Del Vecchio, E., Salcuni, S., Di Riso, D., Mabilia, D. & Lis, A. (2013). Family and families. Padova, Unipress.
Fetchenhauer, D. & Dunning, D. (2009). Do people trust too much or too little? Journal of Economic Psychology. 30; 263-276.
Melli, G. & Sica, C. (2015). Fondamenti di psicologia e psicoterapia cognitivo comportamentale. Firenze, Eclipsi.
Platone (1998) Fedone. Trad. Nino Marziano, Garzanti.
Rundell, M. (2002). Macmillan English Dictionary for Advanced Learners. Michael Rundell.